Titolo un pò macabro lo so. Ma è un argomento che va affrontato prima o poi.
Non credete ?
L'altro giorno ho avuto una conversazione molto interessante con un mio amico che ha tentato il suicidio. Per mia fortuna tentativo non riuscito.
Volevo capire assieme a lui il perché di un gesto così eclatante. Il capire dove sta il confine.
Premetto che il mio amico (d'ora in poi Gianni) era un ragazzo normale, viveva una vita piena e felice. Almeno così sembrava. Dall'esterno è difficile capire cosa possa portare al suicidio.
Gianni mi ha detto che il confine tra farlo e non farlo e molto labile. Ci sono momenti nella vita in cui vivere o morire non fa differenza. In alcuni momenti si è dei morti viventi (cosi Gianni li definisce). Morti perché hanno perso la voglia di vivere, morti perché delusi dalla vita, morti perché si sogna di addormentarsi per non svegliarsi più. Viventi perché il cuore ancora batte.
Gianni ha pensato a lungo il suicidio. Ha sempre desistito per il dolore che avrebbe potuto provocare a sua madre, e la paura insita nell'uomo del dolore. Un giorno trovando dei consigli su dei siti internet, una specie di decalogo su come fare il santo in modo rapido e indolore, ha trovato il coraggio è ha cercato di togliersi la vita.
(Siti che dovrebbero essere oscurati secondo il mio modestissimo parere)
Il giorno in cui è successo era un giorno normale, uno come tutti gli altri. Il salto del confine è stato provocato da una semplice parola.
Questo mi fa riflettere su come siamo deboli. Su come il suicidio magari non è cosi lontanto come si pensi.
Gianni ora sta bene. Non ha più tentanto il suicidio. Apprezza la vita anche più di prima. Non si interessa più degli altri, o meglio non si fa influenzare dai loro cambiamenti di umore.
Gianni ha trovato il suo equilibrio. Sono contento che sia qui.
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